"Discriminazione": è ormai prevalente, nell'uso comune, l'accezione negativa di un termine che, in realtà, mantiene anche il significato neutro di "distinzione" senza implicito giudizio di valore. La parola discriminazione deriva, infatti, dal sostantivo latino discrimen-inis, a sua volta derivante dal verbo discernere ovvero "distinguere".
Fra i significati del termine, registrati nel vocabolario, c'è anche quello, specifico della legislazione razziale fascista, di «provvedimento amministrativo con cui venivano dichiarate non applicabili a determinate persone le disposizioni restrittive della capacità giuridica degli appartenenti alla razza ebraica» (vocabolario Treccani online).
Si trattava insomma, paradossalmente, di un beneficio accordato ad alcune categorie di ebrei.
L'approfondimento sulla semantica di questo termine si è reso necessario nell'interpretazione di alcuni documenti di fine anni Trenta-primi anni Quaranta del secolo scorso, appartenenti al fondo del Gabinetto della Prefettura di Lucca.
Si tratta, in particolare:
- della copia di un telegramma del Ministero dell'interno (2/12/1938), relativo alla predisposizione dell'istruttoria delle «domande di discriminazione» presentate da ebrei alla Direzione generale per la demografia e la razza (indicata con l'acronimo DEMORAZZA);
- di una circolare del 21 ottobre 1939 del Ministero delle finanze - Direzione Generale del Catasto e dei Servizi Tecnici Erariali, nella quale sono precisati, al punto 1, i compiti degli Uffici tecnici erariali «in ordine alle denunzie presentate da ebrei che hanno ottenuto il provvedimento di discriminazione»;
- di una comunicazione del Prefetto di Lucca all'Unione Provinciale Fascista dei Commercianti (12/09/1940), in merito all'esclusione degli ebrei, «anche se discriminati», dall'impiego negli uffici di propaganda delle aziende alberghiere;
- di una comunicazione del Questore di Lucca (27/09/1940), relativa all'allontanamento degli ebrei, «anche se discriminati», dalle strutture ricettive esistenti nelle località dichiarate di soggiorno e turismo.
In tutti i casi sopradetti, il termine "discriminazione" indica uno specifico istituto previsto dall'art. 14 del R.D.L. 17 novembre 1938 n. 1728, del quale potevano beneficiare, previa istanza del candidato opportunamente documentata, le seguenti categorie di «appartenenti alla razza ebraica» (nonché i loro famigliari: coniuge, ascendenti e discendenti fino al secondo grado):
- mutilati, invalidi, feriti, volontari di guerra o decorati al valore nelle guerre libica, mondiale, etiopica e spagnola;
- combattenti nelle guerre libica, mondiale, etiopica, spagnola che abbiano conseguito almeno la croce al merito di guerra
- mutilati, invalidi, feriti della causa fascista;
- iscritti al Partito Nazionale Fascista negli anni 1919-20-21-22 e nel secondo semestre del 1924;
- legionari fiumani
- persone che abbiano acquisito «eccezionali benemerenze» valutate da apposita commissione presso il Ministero dell'interno
Teoricamente gli ebrei discriminati (quelli cioè che avevano ottenuto il provvedimento di discriminazione) non erano colpiti dalle restrizioni inerenti il servizio militare, l'esercizio dell'ufficio di tutore o curatore di minori o incapaci non ebrei, la proprietà, gestione, o direzione di aziende dichiarate interessanti la difesa della Nazione e di quelle con cento o più dipendenti; la proprietà di terreni con un estimo superiore a cinquemila lire e di fabbricati con un imponibile superiore a ventimila lire; il lavoro nelle Amministrazioni delle imprese private di assicurazione. Per quanto concerne l'esercizio delle professioni, in base alla legge del 29 giugno 1939 n. 1054, gli ebrei discriminati avrebbero potuto continuare ad esercitare alcune professioni (giornalista, medico-chirurgo, farmacista, veterinario, ostetrica, avvocato, procuratore, patrocinatore legale, esercente in economia e commercio, ragioniere, ingegnere, architetto, chimico, agronomo, geometra, perito agrario, perito industriale) mediante iscrizione in «elenchi aggiunti da istituirsi in appendice agli albi professionali». (art. 3).
Concesso in modo del tutto discrezionale dal Ministero dell'interno e da esso revocabile in qualsiasi momento, ostacolato da numerosi cavilli burocratici e progressivamente eroso da successive disposizioni ministeriali, il provvedimento di discriminazione ebbe una scarsa incidenza complessiva sulla persecuzione degli ebrei, come hanno messo in luce gli studi condotti dagli storici.
* Qualche indicazione bibliografica disponibile online:
- E. Asquer, Scrivere alla Demorazza. Le domande di “discriminazione” delle donne “di razza ebraica” e il conflitto sulla cittadinanza nell’Italia del 1938 (liberamente scaricabile sul sito FrancoAngeli Journals)
- I. Pavan, Definire, segregare, espropriare. Il decreto legge del 17 novembre 1738 (disponibile sul sito jstor.org)
- G. Speciale (a cura di), Le leggi antiebraiche nell'ordinamento italiano. Razza, diritto, esperienze (disponibile su Issuu)